Dalla Rivista FLY LINE – N. 5 Settembre-Ottobre 2016
"Il placido Gacka"
Finalmente un corso d'acqua diverso. Caspita, se è diverso! Mi mancava
da un po’ questo nastro d'acqua placido eppure possente, trasparente
e misterioso, famoso, ambito, generoso ed avaro: da cosa tutto
questo dipenda ancora non so, troppo sporadici i nostri incontri.
Lunatico come l'amata, fallace come il destino, meta irrinunciabile per
chi ama una pesca difficile, aleatoria, fatta a viso aperto, con
schiettezza e senza sotterfugi, ciascuno come può o come sa, ma sempre
con rispetto e un po’ di soggezione che non guasta.
Un chalk stream onesto, puro come le sue acque appena sgorgate dalle
gelide viscere della terra e subito pronte a scivolare
veloci e placide, ad accarezzare alghe fluttuanti e cannicciole, gialli
gigli selvatici e ranuncoli che vi si rispecchiano, trastullare gai e
dispettosi tuffetti che vi sciaguattano dando spesso l'illusione di una
grossa bollata. Un canale sinuoso, fondo e incastrato nei prati,
apparentemente assonnato e sempre uguale a sé stesso. Qualcuno
direbbe…che noia….
E le trote?….. Si, le trote ci sono, nascoste, tante, belle e pure
grosse, ma vanno cercate, trovate, con calma, pazienza e
determinazione, in assoluto silenzio come si addice il comportarsi in
un tempio. E non sono facili….mangiano di continuo e in abbondanza
ninfe e gamberetti "veri" che sott'acqua passano, e passano, e
passano…..
Credo che per alcuni pescare il Gacka sia una sorta di
autoflagellazione, per altri una sfida all'ultima mosca per testare le
proprie abilità, per altri ancora una forma di meditazione subliminale:
solitudine e silenzio sono i requisiti principali per percorrere le sue
rive con circospezione, in caccia dei pesci e di sé stessi. Niente
schiamazzi o passi pesanti, le rive melmose trasmettono i rumori
alle trote avvezze al silenzio e che spesso sono appostate proprio
sotto le sponde.
Le comitive di pescatori rumorosi, o frettolosi, i "vado, l'ammazzo e
torno" qui non sono nel loro habitat. Pur essendo una riserva, il
Gacka è qualcosa di speciale che sa ancora di antico, di
essenziale, di vero.
Finalmente.
Viene da chiedermi se qui mi è più affascinante la pesca con la
relativa cattura o l'idea stessa della pesca a mosca. Sorrido tra
me. Sicuramente è una riflessione che posso "permettermi" solo dopo
tante catture e partorita dall'età avanzata che ha il vizio e la
tendenza a tirare delle somme e andare al nocciolo. Lo so, per molti
questa sarebbe una "stronzata" bella e buona, una di quelle….
"robe mentali" che alcuni a volte partoriscono
spacciandole per riflessioni che non interessano a nessuno.
L'emozione adesso me la dà la ricerca, la difficoltà apparentemente
insormontabile, l'ambiente essenziale fatto solo di acqua e di
erbe, con questo cielo che va addensandosi sul fiume preparando un
temporale o il riflesso del tramonto sullo stesso. O la schiusa delle
sedge, o il "mitragliare" del picchio sull'albero vicino, o l'osservare
il lancio sinuoso, elegante e sicuro dell'amico che pesca più a
monte e che come me cerca una conferma al suo darsi da fare
…..
Devo trovare dentro di me quel guizzo che convinca una trota, che la
mia mosca, qualunque essa sia, comunque sia lanciata, posata, o fatta
navigare è un boccone prelibato, migliore delle mille ninfe o insetti
veri che il fiume genera ed elargisce. Gara dura, ma affascinante
giusto per questo.
Ci sono pochi pescatori e posso avanzare con cautela fra erbe e
fanghiglia a pochi passi dal chalk stream ma un po’ defilato. Le
bollate sono episodiche, come al solito, e non si ripetono, ma a tratti
dall'acqua sbucano delle sedge cinerine e le trote sembrano
interessate a quelle. La scelta della mosca parrebbe scontata.
Proseguo fino alla panchina, vecchia conoscenza, è ancora al suo posto,
sembra quasi mi stia aspettando, (o forse sono io che cerco lei) e
sotto la riva opposta uno spostamento d'acqua evidente mi segnala una
trota in attività. Il lancio lungo è impegnativo e cerco di posarci la
mia sedge.
Nel frattempo, un allarme: un pescatore sta percorrendo la riva
opposta verso di me e si avvicina pericolosamente alla mia trota in
attività. Incurante dei miei lunghi lanci prosegue scrutando il fiume,
in bella vista, alto sull’acqua nonostante mi sbracci per
richiamarne l'attenzione; allora lo chiamo facendogli cenno di aggirare
la riva per non spaventare una trota che bolla proprio lì sotto.
Stranamente mi apostrofa in inglese e cerco di spiegargli che sto
tentando una trota…
Sembra non capire ma poi, accortosi che sono italiano,(anzi, toscano,
il che parrebbe un’aggravante) inizia a mandare improperi verso di me e
i miei conterranei. Pare anche che da alcuni abbia ricevuto dei torti
analoghi sul Nera: evidentemente pescatori a loro volta invasivi dello
"spazio" altrui. Ma io che cavolo c'entro? Chiedo solo di essere
lasciato in pace e non essere disturbato nel tentare di far salire la
mia trota! Ne nasce un battibecco a distanza, anacronistico e un po’
patetico.
Peccato, non è la prima volta che devo discutere con un collega per una
carenza di rispetto in pesca. E capita sempre più spesso….purtroppo.
Forse siamo diventati troppi, forse questa moderna mentalità che impone
il tutto e subito in un individualismo esasperato e irriguardoso del
prossimo non lascia spazio alla riflessione, forse certi princìpi sono
stati fagogitati dalla bramosia del "mio", forse internet non insegna
che le trote "vere" sono diverse da quelle "buttate", si spaventano per
un nonnulla e scappano… Forse siamo avvezzi ad essere accalcati
ovunque e non ci facciamo più caso….Forse…
Troppi forse per dare una motivazione ad un tale atteggiamento invadente.
E ancora mi viene da pensare che la pratica della pesca dovrebbe
smorzare certi comportamenti o istinti esagitati, ma forse (ancora un
forse) l'effetto che aveva o dovrebbe avere si è volatizzato per
via del confinamento quotidiano in riserve stipate di agguerriti
colleghi con i quali sottrarsi il pesce vicendevolmente. La pesca a
mosca sta diventando questa?
Lo stile, l'eleganza, la signorilità insite nel sistema, nei gesti e
nei comportamenti che indipendentemente dal conto in banca o titolo di
studio o mestiere o professione ci affascinò già negli anni sessanta è
rimasta nelle pagine dei vecchi libri che nessuno più legge o forse
nemmeno trasmette?….
Beh, di fronte alla reazione inattesa credo di non essere stato molto elegante neppure io… e ora me ne dispiace davvero.
Il collega borbottando e mandandomi affanculo si allontana -bontà
sua- ma la trota ha smesso di ninfeggiare e mi siedo sulla
panchina vicina in attesa…. cercando di smaltire l'episodio.
Il battibecco mi ha amareggiato. Ancora una volta sperimento il
fallimento di un'idea, di anni di impegno nel tentativo di
trasmettere l'essenza della Pesca a Mosca che non si limita a una corta
canna e a una coda di topo per prendere un pesce con un amo peloso… C'è
di più, ci deve essere molto di più, cazzo! Per fortuna lo sanno ancora
in tanti.